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Novità da Mehala

Punam: ago e filo per ricominciare

Punam è una giovane donna che è stata aiutata da CASANepal a ridare valore alla propria vita, dopo un matrimonio fatto di violenze e sottomissioni, oggi ha imparato un mestiere e a farsi rispettare.

Ciao Punam, vuoi raccontarci come ti sentivi quando sei arrivata a CASANepal?

Quando sono arrivata avevo paura di disturbare. Non parlavo molto, non riuscivo a dormire, e durante i pasti restavo in silenzio. Mi sentivo come se non avessi il diritto di essere lì. Ogni decisione mi sembrava troppo difficile. Quando mi proponevano di partecipare a qualche attività, rispondevo sottovoce: “Forse è meglio di no”. Venivo da un lungo periodo di umiliazioni e paura.

Ci racconti della tua infanzia?

Sono nata in un villaggio del distretto di Siraha, nella regione del Terai. Mio padre era malato e non poteva lavorare. Mia madre contava le monete per comprare il riso. Anche andare a scuola sembrava un lusso. Ho dovuto lasciare gli studi prima dell’esame di maturità. A 17 anni sono stata promessa in sposa a un uomo di un villaggio vicino.

Com’è stato il tuo matrimonio?

Non come avrei voluto. Mi sono trasferita a casa del marito, dove vivevano anche i suoi genitori e diversi cognati. Mi trattavano come una serva, non come una figlia. Mi dicevano che non valevo niente, che ero solo una bocca in più da sfamare. Le aspettative su di me erano tante, ma il rispetto era pochissimo.

Cosa è successo dopo?

Dopo circa un anno, sono iniziate anche le violenze fisiche. Mio marito era sempre più assente, aveva iniziato a bere e non contribuiva più alle spese. Un giorno, mentre ero in città per ritirare del denaro, ha iniziato a piovere. Mi sono fermata in un piccolo ristorante e lì ho incontrato per caso un cognato. Abbiamo mangiato insieme, solo per ripararci dal temporale. Non pensavo che qualcuno ci stesse guardando.

E poi?

Qualcuno ci ha visti e ha cominciato a spargere voci cattive nel villaggio. La famiglia di mio marito non ha voluto ascoltare spiegazioni. Mi hanno denunciata. Mio marito mi ha picchiata davanti a tutti e mi ha cacciata. I miei figli sono rimasti lì, senza di me. È stato il dolore più grande.

Come sei arrivata ad CASANepal?

All’inizio ho trovato aiuto dall’Organizzazione non governativa Mukti Nepal, ma potevano ospitarmi solo per poco tempo. Mi hanno però indirizzata ad CASANepal, dove ho potuto iniziare un percorso più completo. I primi giorni sono stati difficili, ma grazie al supporto psicologico e alla gentilezza delle operatrici, ho cominciato a respirare di nuovo. Ho iniziato a dormire meglio, a partecipare alle attività, e piano piano ho ricominciato a ridere.

Hai seguito anche dei corsi, giusto?

Sì, mi sono iscritta a un corso di sartoria. All’inizio ero insicura, avevo paura di sbagliare, le operatrici mi dicevano: “Non si impara se non si sbaglia, Punam”. Con il tempo, ho trovato sicurezza tra stoffe colorate e macchine da cucire. Le mie mani, prima rigide, sono diventate agili. La mia voce è diventata più chiara. “Quando cucio, mi dimentico di tutto”, ho detto un giorno mentre rifinivo una camicetta. Ho seguito anche un corso breve sulla produzione artigianale di incenso.

Hai scelto di tornare a casa. Come mai hai preso questa decisione?

Dopo qualche settimana, mia madre ha ripreso i contatti con me. Poi è arrivata anche la telefonata di mio marito. Voleva parlarmi. Il team del rifugio ha facilitato un percorso di counseling familiare. Ci sono stati silenzi, lacrime, tentativi di riconciliazione. Ma anche parole nuove, più rispettose. Ho preso una decisione difficile, ma consapevole: ho scelto di tornare a casa. Non più da vittima. “Ho imparato a dire quello che voglio. E ora so che valgo”, ho detto prima di partire.

E oggi?

Dopo aver completato il corso di cucito, sono tornata a vivere con mio marito e i miei figli. Lavoro da casa come sarta. Sono in contatto regolare con il CASANepal, che continua a sostenermi. Oggi sono una donna più serena, più stabile. Non ho dimenticato il dolore, ma ho imparato a trasformarlo e questo grazie a chi mi ha aiutato a farlo.

Se vuoi conoscere come dare speranza nel futuro alle donne che sostiene CASANepal, visita la pagina dedicata → Progetto "CASANepal"

Racconto di una giornata di festa allo Shelter di Neev in India

15 agosto – Giorno dell’Indipendenza al Neev Boys Shelter Home - a cura di Josef e Sofia

In occasione del Giorno dell’Indipendenza, il Neev Boys Shelter Home ha organizzato una giornata speciale di attività celebrative per i bambini e i ragazzi che vivono nella struttura e per alcuni ospiti esterni.
La casa è stata addobbata con palloncini tricolori e in diverse stanze è stato creato uno spazio per disegnare tutti insieme per terra.
In un’ atmosfera allegra e ordinata i bambini sono stati divisi in cerchi, e, seduti con pastelli e pennarelli, hanno partecipato ad una gara di disegno sul tema dell’India; alcuni dei ragazzi più grandi che vivono fuori dallo shelter, ma restano legati alla comunità, hanno aiutato e supervisionato creando un ponte tra le generazioni.
Durante la giornata, è nata anche una grande bandiera dell’India collettiva, realizzata utilizzando le impronte delle mani dei bambini intinte nei colori nazionali. Il risultato finale è stato appeso con orgoglio all’ingresso della casa, come simbolo della giornata.
Le premiazioni dei disegni hanno chiuso la mattinata. I più originali stati annunciati nella sala comune, tra applausi e curiosità da parte degli altri bambini e sono stati poi appesi negli ambienti della casa.
Il pranzo è stato il momento più atteso: è stato servito il chicken biryani in stile secco, tipico del Nord-Est dell’India, un piatto “comfort” paragonabile alle lasagne di casa nostra: saporito, avvolgente, festoso. I bambini hanno mangiato seduti ordinatamente per terra.
Alcuni conservavano il pollo per ultimo, altri finivano velocemente per poter tornare a giocare. Uno dopo l’altro, si alzavano in silenzio per buttare gli avanzi e i contenitori nel cortile, rientrando poi con ordine.
Oggi il Neev Boys Shelter Home accoglie 31 bambini e ragazzi. A occuparsi della loro crescita ci sono Jonathan e Pinky, una coppia che vive con loro nella struttura e coordina le attività quotidiane con impegno e continuità. Con loro lavora anche Kanta Kalaskar, conosciuta da tutti come “la nonna della comunità”, punto di riferimento affettuoso e rispettato, e la maestra Geeta Lobo, che segue la parte educativa e coordina molte delle attività. Il team è completato da collaboratori locali.
Il Giorno dell’Indipendenza è stato un’occasione per celebrare insieme, ma anche un esempio concreto dello spirito che anima ogni giornata nello shelter: condivisione, ordine, collaborazione e senso di appartenenza. 

Se vuoi conoscere meglio “Il sogno di crescere”, scoprire come dare sostegno e speranza ai bambini della casa-famiglia Neev, visita la pagina dedicata → Progetto "Il sogno di crescere"

 

Un grande segno, un grandissimo sogno

Di Ambrogio Panzeri - Il progetto Il sorriso di Benedetta, ecco il suo racconto.

Grazie all’invito di Mehala, dove lavorava Benedetta, io e Giacomo siamo partiti a fine febbraio per l’India.
 Prima destinazione Chocine dove ci siamo fermati due giorni, poi ci siamo recati a Coimbatore per inaugurare ufficialmente l’area giochi dedicata ai bambini ammalati di tumore e che non avevano uno spazio per poter giocare.
Sulla terrazza di questa casa di accoglienza, fortemente voluta da alcuni volontari e benefattori, è stato creato questo spazio con tanti giochi perché i bambini qui passano diversi mesi, finchè dura la terapia, e non avrebbero possibilità di alloggiare altrove.
Prima infatti succedeva che non avendo posto in ospedale i bambini dormivano anche sui marciapiedi e per le strade in quanto abitavano lontani dall’ospedale o erano poveri e non potevano alloggiare altrove.
 
Poi ci siamo recati a Mumbai dove abbiamo visitato un orfanotrofio con 38 ragazzi tra i 7 e i 18 anni senza un genitore, orfani o abbandonati .
Tutte e due queste strutture collaborano con Mehala che le supporta con donazione di tanti amici e benefattori e con eventi sempre molto frequentati.
 
Abbiamo condiviso con loro momenti belli, con giochi, tombolate molto appassionanti, giri per i mercatini della città, tra l’altro in questo periodo c’erano diverse loro festività ed è stato magnifico: un miscuglio di colori, danze, musica un insieme di sensazioni che ci riempiva l’animo

Devo dire che è stato tutto bellissimo anche se il pensiero di Betta era sempre lì, presente, in ogni momento avevo la sensazione di averla vicino…
 
Sinceramente non pensavo di trovare tanta ospitalità, bella gente, rispettosa, educata nei loro gesti, le numerosissime bancarelle traboccanti di tanti cibi strani ma squisiti, il viavai frenetico di un supertraffico di motorini, tuctuc, macchine, camion, pullman dai più svariati colori.
 
Abbiamo anche visto angoli e stradine da far accapponare la pelle, mamme che dormivano sui marciapiedi, una con tre bambini piccolissimi e la gente che passava tranquillamente a fianco come se niente fosse, buchi fatiscenti fatti di legno e lamiere dove vivevano famiglie intere in mezzo a sporcizia e rifiuti, situazioni impossibili da credere se non viste.
 
E’ stato anche bellissimo viaggiare con mio figlio e condividere con lui questi momenti intensi, di gioia e di dolore, e che penso saranno indimenticabili per tutti e due.
Parlando qui coi referenti mi dicono di quanto Betta era tosta e scrupolosa , precisa e competente nel superare tanti scogli burocratici che tante volte le dogane o altri enti creavano.
 
Ho anche visto che c’è tanto bisogno nel mondo e ringrazio Mehala per questa opportunità che mi ha dato e mia figlia per essere stata un artefice nel volere un mondo migliore fatto di pace e di aiuto a chi vive nella sofferenza.
 
Tu Betta hai fatto un miracolo, hai dato una speranza a tanti bambini.
Sei passata su questa terra e hai lasciato un grande segno e un grandissimo sogno.
Si, non sei passata invano. L’amore che hai distribuito tornerà indietro e l’umanità sarà migliore anche grazie a te. I tuoi bambini, coloro ai quali hai donato una famiglia, sono qui a testimoniarlo.
Alle feste dell’associazione eri sempre circondata da un nugolo di ragazzini e ragazzine che ti adoravano e ti facevano tante feste.
Forse è facile per un padre scrivere quanto sia fiero della propria figlia, ma io lo penso veramente.
 
Mi piace terminare questa mia testimonianza col bellissimo detto che “chi vive per se stesso muore con se stesso, mentre chi vive per l’altro non muore mai…” 

In visita alla casa-famiglia Neev a Mumbai

Le famiglie Frigerio e Gallo Cassarino, in occasione del viaggio di ritorno in India dei loro figli hanno visitato lo shelter di Neev (Mumbai), che Mehala sostiene attraverso il progetto “Il Sogno di Crescere”, ecco il loro racconto.

“Il viaggio di ritorno in India, è l’occasione perfetta per visitare finalmente lo shelter di Neev a Mumbai.
All’arrivo incontriamo Johnathan, un membro dello staff, sua moglie Bharati, altri operatori e una trentina tra bambini (il più piccolo cinque anni) e ragazzi (il più grande 17).
La prima cosa che notiamo è che questi bambini e ragazzi sono tutti maschi, vivaci e sorridenti, ci sediamo nell’atrio e, come a scuola, facciamo un giro di presentazione in inglese (anche i più piccoli lo parlano).
Alla parete che si trova alla nostra sinistra, vediamo una grande bacheca e una mensola piena di medaglie e trofei sportivi, i ragazzi ci raccontano con orgoglioche sono stati vinti da loro durante i  tornei e le maratone cui partecipano durante l’anno.
Facciamo con loro una bella chiaccherata e scopriamo i loro sogni, “cosa vogliono fare da grandi”:  poliziotto, ingegnere, cuoco, YouTuber. 
Jonathan spiega che loro fanno di tutto per incanalare i ragazzi in un progetto concreto, e far comprendere loro che non devono lasciarsi scappare questa opportunità: soprattutto devono impegnarsi costantemente a scuola per raggiungere i propri obiettivi.
Finito questo momento i ragazzi si mettono a giocare (anche loro sono in vacanza perché le scuole sono chiuse) a carte, a calcio, a rincorrersi, mentre noi visitiamo la struttura partendo dalla cucina, dove le cuoche ci fanno assaggiare un chapati buonissimo.
Salendo ai piani superiori, scopriamo le stanze in cui dormono gli operatori e i bambini, l’aula computer, un piccolo locale all’ultimo piano, dove tutto è ordinato e riposto con cura in scatole personali. Qui c’è rispetto, attenzione, dignità.Gli oggetti e gli indumenti dei bambini sono in ordine, ben risposti in scatole chiuse in un locale all’ultimo piano.
Il progetto IL SOGNO DI CRESCERE non è solo un aiuto materiale, ma un ponte verso il futuro, un'opportunità concreta per questi giovani di costruire la propria strada.
Ogni gesto, ogni contributo, per quanto piccolo, può fare la differenza”.

 

 

 

In Burkina Faso si pedala verso un futuro migliore!

Grazie alla generosità dei nostri sostenitori, un nuovo, importante obiettivo è stato raggiunto: ripartono i corsi per apprendisti presso il nostro Atelier!

Il 28 dicembre 2024 abbiamo inaugurato il 2° corso di falegnameria, sartoria e arti plastiche.

La cerimonia di inaugurazione è stato un momento emozionante, durante il quale sono stati presentati i nostri 15 nuovi apprendisti, 10 ragazze e 5 ragazzi, ai loro formatori.

Le lezioni sono partite il 6 gennaio 2025 e si svolgono ogni settimana, dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 16. Un impegno quotidiano importante, che i ragazzi stanno affrontando con grande motivazione.

Per dare la possibilità anche a chi vive distante di frequentare le lezioni regolarmente, abbiamo deciso di acquistare 10 biciclette: in questo modo potranno raggiungere la scuola ogni giorno in modo più semplice e sicuro.

Il tuo sostegno è ciò che rende tutto questo possibile.

Storie di rinascita: Pabita

Pabita (nome modificato) si trova a CASANepal da qualche mese e finalmente si sente serena nel raccontare la sua storia alle operatrici della struttura.

“Tutto andava bene prima del matrimonio. Ho finito la scuola diplomandomi senza ritardo e con ottimi voti. Quando mi sono iscritta al college avevo 17 anni e sognavo di andare all’università”.

Pabita, purtroppo, non è riuscita a realizzare il suo sogno. Al primo anno di college, infatti, incontra Nishant, un ragazzo di buone maniere, affascinante, di qualche anno più grande di lei. I due giovani si innamorano quasi subito, ma hanno timore di raccontare dei loro sentimenti in famiglia e così decidono di scappare. Si sposano e a quel punto, come sempre accade per tradizione, i genitori accettano la coppia e dopo poco Pabita va a vivere a casa dei suoceri.
“Sin dal primo momento che vi ho messo piede però ho capito che era un ambiente ostile. La casa, modesta sia in dimensioni che in arredi, era già sovraf ollata prima del mio arrivo. Ci abitavano, infatti, mia suocera con mio suocero e la sua seconda moglie, ed i miei cognati. Vivevano tutti sotto lo stesso tetto, condividevano ogni cosa, ma in realtà non andavano d’accordo tra loro. Mio suocero spesso alzava le mani su entrambe le mogli.”
La nuova famiglia di Pabita aveva condizioni economiche piuttosto modeste. Suo marito aveva studiato, ma non era mai riuscito a trovarsi un lavoro.
“In realtà un impiego lo avrebbe facilmente trovato, ma non lo ha mai cercato seriamente. Si lamentava che, lavorando saltuariamente, non riusciva a guadagnare abbastanza per mantenerci, ma poi, quel poco che portava a casa, lo spendeva a bere con gli amici”.
Il marito di Pabita inizia a bere regolarmente, tanto da sviluppare una vera dipendenza da alcool.
“Ha iniziato a trattarmi male, ad insultarmi, a darmi spinte, schiaf i. Quando beveva troppo mi tirava i capelli. Ed anche i miei suoceri iniziarono ad avercela con me, ad incolparmi che se il figlio era diventato un alcolista era colpa mia.”
Nonostante la situazione difficile, Pabita dà alla luce dei figli, un maschio ed una femmina. Quando l’ultimogenito ha solo pochi mesi, Pabita decide che non può più andare avanti così e dopo l’ennesima lite furibonda si rivolge al Centro distrettuale dedicato alle violenze (OCMC - OneStop Crisis Management Center). È lì che le propongono di iniziare il percorso a CASANepal.
“Non riesco ancora a credere quanto diversa sia la mia vita rispetto a qualche mese fa. Non ho più paura che botte ed insulti mi piombino addosso all’improvviso, senza un motivo. Anche i miei figli sono cambiati. Sono finalmente sereni, mangiano regolarmente e giocano con altri bambini della loro età. Mi sento così piena di vita che partecipo a tutti gli incontri e alle attività che mi propongono a CASANepal. Ho appena finito il corso di estetista, sono molto fiera di avercela fatta!”.

Pabita starà ancora qualche tempo a CASANepal e sta decidendo cosa fare. Vorrebbe rimanere a vivere nelle vicinanze di CASANepal, così da poter portare i bambini qui all’asilo e andare a lavorare.

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