L’altalena delle emozioni
India, 7 febbraio.
Anni di attesa, mesi di rinvii, giorni in altalena tra speranze, delusioni, fiducia e timori, ora eccomi seduta con Enrico, mano nella mano, sul sedile dell’auto che ci sta portando da te. Fuori scorrono le affollate strade indiane, dentro al mio cuore passa uno tsunami di sentimenti.
Questa notte non riuscivo a dormire, ”saprò essere madre? Saprò essere la tua mamma?”, un grande senso di responsabilità si è seduto sulle mia spalle e con lui la paura di non essere capace, di non essere all’altezza di questo grande compito che è accoglierti con tutto l’amore che meriti…poi mi dico che essere madri è sì una cosa che s’impara con l’esperienza ma è anche un istinto ancestrale, animale, che suggerisce le risposte giuste se lo si ascolta ed è dentro la mia pancia come dentro le pance di tutte le madri che mi hanno preceduto e si farà sentire al momento opportuno, ne ho la certezza.
Ti vediamo arrivare per mano ad una delle tue signorine, tutta vestita di rosso, rosse le scarpe, rosse persino le mollettine con cui tieni i capelli, lucidi e neri,tirati, alla moda indiana.
Ci chiami in inglese mamma e papà e da questo preciso istante sento che nessuno di noi tre sarà mai più solo.
Prendi subito il papà per mano, scegli lui,me l’avevano spiegato che a volte può essere così, uno dei due viene preferito all’altro all’inizio e con questa consapevolezza scaccio la piccola fitta di gelosia che mi si era incuneata dentro al petto. Mi lascio sommergere dall’emozione,il cuore sembra un treno ad alta velocità, mentre osservo i tuoi piccoli piedi nudi ed i tuoi passi che ci accompagnano a visitare il Bhasundara: la tua cameretta che ci mostri orgogliosa,i tuoi amici,Lily, la tua housemother che sta già cominciando a piangere la tua prossima partenza, Gori Didi il tuo sostegno ed affetto maggiore, la classe con i banchi di legno dove tu, che oggi sei protagonista, ci canti una canzone: poi il pranzo insieme, i regali e cominciano i saluti.
Ed viene l’ora dell’addio all’orfanotrofio, ho l’immagine stampata qui e ce l’avrò per sempre, ti siedi recalcitrante sul sedile posteriore dell’auto e piangendo come una fontana con grossi singhiozzi sonori, continui fino all’ultimo istante a restare voltata e con le braccia protese verso quello che da adesso sarà il tuo passato, proiettata verso un futuro certamente desiderato ma ignoto.
Italia, 10 mesi dopo.
Dieci mesi ormai passati, tu sempre più bella, la tua statura è cresciuta ed anche i capelli, ora ricci naturali alla moda italiana. Parli italiano in modo fluente – straordinario dopo così breve tempo- ti sei lamentata non poco che “l’italiano è difficile” e ti abbiamo sempre dato ragione sostenendoti ed aiutandoti negli innumerevoli cambiamenti che hai dovuto e continui a sostenere.
Certo non sempre è stato facile, tu hai già il tuo carattere ben definito, noi anche ed a volte non ci siamo proprio capiti e gli scontri sono stati inevitabili, le differenze linguistiche e culturali non aiutano nella comprensione delle sfumature ma alla fine riusciamo sempre a capirci ed a parlarci ristabilendo l’equilibrio naturale che sentiamo sotteso alla nostra famiglia, torna il meraviglioso sorriso che ti sgorga dal cuore.
Certo sappiamo che ti manca tanto l’India mentre scorre la tua vita, quella che dovrebbe essere la vita normale per qualsiasi bambino, tra scuola, nuove amicizie, sports e così via; sappiamo che senti nostalgia delle tue canzoni, dei tuoi amici, della tua gente, della tua lingua, di tutto dei tuoi luoghi e siamo felici che tu mantenga tramite skype un contatto quasi quotidiano con la terra dove hai aperto gli occhi per la prima volta; sappiamo che in te ci saranno sempre due cuori e ti siamo accanto.
Qualche giorno fa ci hai scritto una lettera che ci ha fatto piangere, dicendoci: “grazie a voi che mi avete portato in Italia e che ora posso chiamare mamma e papà, per 12 anni non avevo mai potuto pronunciare queste parole e neanche nonno, nonna, zio, zia, cugine” ma siamo noi a dirti grazie per averci resi genitori aiutandoci ad allargare i nostri orizzonti di cuore, di anima, di cultura, di accoglienza, di consapevolezza, di amore.
E te lo ripetiamo più forte: ”GRAZIE BARSA”
Mamma Patrizia